Dopo un po' di kilometri ci troviamo sul mio passo preferito, il vento soffia frizzante e togliersi il casco è un po' come lasciare liberi i pensieri che si erano esiliati in una recondita parte del cervello. La maglietta sotto al giubbotto è un po' umida e preferisco non rischiare di raffreddarmi così me lo tengo addosso.
Un rapida razzolata dentro alle tasche ed estraggo una sigaretta, croce e delizia di relax. Mi guardo un po' attorno e abbondano i capelli grigi sotto ai caschi, profili segnati dal tempo, qualche acciaccho dell'età che si confonde con qualche acciacco di baci maledetti alla strada. Il mio socio ne conosce uno di questi profili, si riconoscono e immediatamente si apre un sorriso micidiale. Partono le classiche chiacchiere da motociclista a proposito delle ultime prodezze e sui giri futuri.
Mi sento un po' alieno, osservo ed ascolto con un po' di distacco con una espressione un po' ebete (credo... anzi ne sono certo)... Sono appena passato di livello e già mi sento di nuovo sorpassato.
Onestamente non ho ancora trovato la mia dimensione motociclistica ma sono sicuro di essere cresciuto di almeno 2 livelli durante questa stagione: sono partito come "chiodo in curva"... Serve che ve lo spieghi ? Beh... Mettetela così... Piantate un chiodo in un'asse e tentate di inclinarlo senza inclinare anche l'asse oppure di spostarlo in avanti sempre senza mutare la posizione del legno... In poche parole avevo le ruotine laterali come i bambini...
Sono giunto al livello "Paracarro"... Serve che ve lo spieghi ? Beh... Normalmente il paracarro segue la strada ma quanto a "pieghe" è piuttosto rigido... Aspiravo ad arrivare al livello "quelli che vanno su rotondi". Non chiedetemi cosa significhi, ma sospetto che abbia a che fare con la fluidità di marcia del motore, ma non ne sono poi così certo.
Nel frattempo "quello che va su rotondo" (il mio socio) e quello che ha "il passo giusto per divertirsi" continuano a raccontare... E io nel mio piccolo, preferisco starmene appollaiato con mezzo sedere sulla sella della mia moto. Lo ammetto anche il mio socio ha qualche anno più di me e mi accorgo che hanno un modo diverso di parlare delle strade.
"Non conta la meta, ma quello che sta in mezzo tra la partenza e l'arrivo". Ecco... io appartengo alla generazione delle "varianti" non c'è una strada che loro abbiano percorso che sia rimasta tale. Una volta la strada ci raccontava parecchio del luogo che attraversavamo, i Cippi Commemorativi ci tenevano viva la memoria di gesti eroici, una Madonnina in un piccolo chiostro ci benediva anche se 50 metri prima o dopo un pugno di ghiaia sull'asfalto ci aveva strappato di bocca qualche parola di troppo... Ora ci sono le varianti... Dove prima c'era una curva un ponticello e un'altra curva adesso c'è il viadotto che si è mangiato la Madonnina, il cippo e la pietra miliare che è stata prontamente sostituita da un cartello di ferro... Mentre sono completamente disperso negli embrioni di questi pensieri finiscono di far chiacchiere e di raccontare cose che io, probabilmente, grazie a queste varianti non farò o non vedrò.
Appoggio il casco sulla sella e mi avvio verso il bancone del bar e una drappello di giovanotti appena patentati si lamenta del nuovo codice della strada e le varianti mi fanno sorridere.
Mi immagino una strada di collina che fu tortuosa, ripida dove ogni curva richiedeva il suo tributo di polso e braccio. Adesso no, ci sono le varianti per me e soprattutto per loro che, a ragione, sbeffeggiano i chiodi e i paracarri perché sono veloci solo sul dritto e a volte nemmeno sul dritto perché un tele laser o un autovelox minaccia la loro targa colpevole di essere troppo dritta e facilmente fotografabile. Dopo il caffè usciamo dal bar e con passo lento io mi dirigo verso il mio missile senza turbina e il mio socio verso il suo aereo (lui ha già da un po' dismesso i panni del paracarro n.d.a.).
Per il ritorno scegliamo una strada inusuale, un po' stretta, tortuosa e ripida... Beh qualcuna si è salvata per fortuna, ma quando pensavo di aver scampato l'ennesimo dritto artificiale dei viadotti si materializza in tutta la sua bruttezza e in tutto il suo scempio... Una variante con tanto di rotonda. L'ho attraversata incredulo, sconcertato, quasi non riconoscendo i luoghi e dulcis in fundo un bel tratto in trincea che in moto è quanto di più brutto si possa concepire. In segreto ho tenuto per me il dispiacere, questa trasposizione dei nostri giorni, dritti, guidati e pilotati con scelte finte dove uno svincolo non fa più la differenza e il tragitto tra la partenza e l'arrivo deve essere il più breve e piatto possibile, mi sono reso conto in maniera compiuta che contiamo poco e al ristoro dell'anima, ormai, non pensa più nessuno. Per fare quella trincea hanno abbattuto alberi, Madonnine e probabilmente chiuso anche qualche fonte che adesso è stata imbrigliata e condotta direttamente dentro le fogne senza poter essere più utile a nessuno. Dalla trincea non si vede nulla, e il nulla vede noi. Stretti sulla destra perché in curva si ha il dubbio che dopo l'angolo ci sia un ostacolo, ma sul dritto hai la certezza di esserlo, infatti da dietro arriva una macchina, mi da gli abbaglianti e mi sorpassa. No, non è paura del velox la mia, vado piano e basta, sono paracarro per scelta e aspirante "uno che va su rotondo" per continuare ad imparare a stare sulla strada convinto che la strada possa ancora raccontarci qualcosa di diverso da un anonimo e pericoloso dritto che assopisce, fa premere sull'acceleratore e dove una distrazione non lascia scampo.
Adesso me ne sto qui, ancora come una scimmietta, seduto sulle mie chiappe con una sigaretta tra le dita e un caffè fumante sulla scrivania. Guardo negli occhi le mie moto e mi domando dove andremo Sabato e Domenica prossimi per evitare le varianti... Posso sempre consultarmi con l'uomo della pubblicità che stando a quello che fanno vedere il "vento marino" che stagiona i suoi prosciutti lo insegue in moto.... Forse le varianti le hanno inventate per lui così non si deve impegnare troppo.
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