lunedì 19 luglio 2010

Maxsyd Mandel @ Tanalois

Ultimamente non sono molto in forma, anzi... Sono piuttosto fiacco ed affaticato.
Il sole picchia duro e sembra che da lassù senta e segua i copiosi e logorroici servizi dei telegiornali sul quanto sia caldo in questi giorni e sul quanto potrebbe esserlo... Mi abbandono alla noia post-industriale in cui i messaggi, creati per creare nuovi bisogni, diventano paranoia e ci logorano dentro gettandoci all'inseguimento di un non-io piuttosto ridicolo e violento.
Mi accendo una sigaretta "ammazza quanto fumo" è l'unico pensiero che mi passa per la testa; poco me ne importa e passo oltre, e torno anima e corpo in quella calura che il sole continua a rovesciarmi addosso.
La televisione ormai parla del tutto da sola, abbiamo litigato del tutto, il giorno in cui ha smesso di farmi vedere le vicissitudini di quel "demente" (non me ne voglia l'attore, ma chi lo ha inventato) che se ne va a zonzo per la pianura Emiliana al grido di "E' arrivato il marinoooooo !" perché mi ha privato di quella altrettanto stupida ribellione che mi era rimasta di rispondere "Chi se ne fregaaa !! Il marino noi ce lo abbiamo tutto l'anno e quel prosciutto, ormai, lo producete in laboratorio ! Altro che stagionatura !".
Nel mentre di tutto questo arzigogolare di meningi (o meglio quel che è rimasto delle mie meningi) la mia parte più intollerante ha fatto in modo e maniera di trovare rifugio nel mio alter-ego digitale.
Puuiki è tranquilla e sul radar non compare nessuno, salvo il mio pallino giallo che sembra indicare un avatar afflitto dall'ittero.
Mi rendo conto che ho acciaccato l'ennesima figuraccia, cedendo al sonno e saltando a piedi pari l'opening della mostra di Maxsyd Mandel... Povero Kaji, bersaglio inerme di tutte le mie nefandezze biologiche e non... Confesso... ancora assonnato nonostante le numerose ore di sonno (poco ristoratore) faccio due passi, languidamente, con passo felpato da niubbo mi aggiro per la land.
Mi si para davanti un buon numero di fotografie, non mi soffermo a contarle, sarebbe superfluo, ma mi soffermo a soppesare quello che mi piace. Mi scuso con chi mi reputa un buonista, o una fatina buona del cazzo ma mi riesce di vedere solo il lato che piace a me. Le critiche e le silurate le lescio ad altri.
Faccio la tara su di me e comincio a vedere una bella, bellissima profondità di campo. Come un bel respirone di pancia, fluido e potente.
E sento già il campo pulito dagli "spiattellamenti".
Oltre la fotografia, dentro la fotografia, ci vedo un gran bel ritratto di una realtà che, a prescindere dal luogo geografico in cui è stata scattata, è tutta italiana. Un po' Santa e un po' Puttana. Sullo stesso piano, sullo stesso livello.
Sensualtà delle forme, la bellezza tutta intorno, un aleggiare di profumi e odori delle nostre campagne, suoni e parole vere; di vecchiaia e giovinezza; il ritratto migliore di un paese che vorrebbe non dimenticarsi, orgoglioso del suo passato ma che non è in grado, a volte, di farlo emergere. Quello che vedo è il fulgido esempio di interpretare e tradurre dall' Italiano alla vulgata poetica e vera.

Al prossimo post.

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