venerdì 28 maggio 2010
Luciella Lutrova @ Tanalois
E' quasi mezzo giorno e, dopo una notte ingrata, mi aggiro per casa come un fantasma.
Solito caffè e accensione dei motori, pardon, del computer. Nella testa un fumo denso come di un motore diesel freddo.
Faccio un giro a Puuki ritornando sui miei passi di ieri sera per vedere un pochino meglio l'installazione di Luciella.
Mi trovo subito a mio agio.
La fluidità dell' esposizione mi induce a passeggiare lentamente tra le opere, un po' di cubismo, un po' di astrattismo e quello strano senso di attesa che pervade l'intera esposizione mi trascinano.
Hanno sempre un morbido profumo di libertà le esposizioni promiscue RL / SL perché sembra che le due visioni si completino.
Rifacendomi alla mia misera cultura e alle reminescenze studentesche, recupero un concetto del cubismo e non posso fare a meno di compiacermi della faccenda.
Girando per l'esposizione cerco una lettura più articolata di ciò che mi circonda.
Facendo qualche centimetro in dietro, mi accorgo ancor più marcatamente della complementarietà delle opere RL / SL.
Attingendo al concetto del cubismo, mi rendo conto che le opere SL sono il contenuto di quelle RL....
Guardando le opere RL si percepisce la tensione espressiva propria della costrizione dei nostri tempi, la riduzione della personalità, l'essere imprigionato del nostro IO in un bianco e nero circondato dal colore quando dovrebbe essere il contrario, il colore dell'IO che si propaga al contesto. Fatta questa rapida lettura degli effetti visuali della pittura mi trovo sbattuto sul muso il contraltare delle opere SL, armoniose, ben bilanciate che fanno cogliere l'essenza della presa di posizione di Luciella in esatta antitesi alla realtà che ci circonda. E' qui che trovo la misura del cubismo applicato all'esperienza digitale.
Provo a darvi la mia lettura complessiva.
Intendendo il viewer come quadro, come cornice, si può provare ad intendere l'intera esposizione come un continuum senza soluzione di continuità un vero quadro tridimensionale in cui l'esperienza artistica si trova tutta, c'è tutto. Tornando alla visione "Picassiana" che mi gira in testa questa mattina, possiamo tendere fili concettuali da un' opera all'altra avendo così la visione esterna, interna, superiore, inferiore e laterale. Non solo, è possibile cercare anche i diversi contraltari, assonanze e dissonanze.
Per quanto riguarda la vena "astratta ed astrattista" è utile e congeniale alla libertà del visitatore nel trovarci quello che egli sente mancare, oppure a proporre una visione propria a se stesso in una sorta di specchio-riflessione su ciò che ha visto.
Al prossimo post.
venerdì 14 maggio 2010
Qatesh Denja @ Tanalois.
Cosa c'è di peggio di una mattina livida ? Semplice... una sera livida. Un po' di nubi compatte all'orizzonte che non lasciano presagire nulla di buono sia dal punto di vista meteorologico che morale... Esattamente come l' altra mattina avvio il mio Mac che, un po' come Ronzinante, non mi sopporta più a forza di scarrozzarmi su e giù per mondi e pagine digitali. Esattamente come l' altra mattina effettuo il log-in in SL..... Domanda truce "Che fare ?"... Come al solito il destino mi ha preceduto e la fortuna vuole che durante la mia "serata un po' così" si fosse svolta l'apertura della mostra di Qatesh.
Entro con molta discrezione pur sapendo che le luci dell'inaugurazione si sono spente da un po', ma la mia indole mi impone un po' di contegno.
Non me ne voglia la fotografa Qatesh, ma ignoro deliberatamente la sua biografia e punto dritto al sodo. Ho voglia di immergermi un pochino nell'ignoranza completa. Mentre sguazzo impunemente, passeggiando nello show-room, mi lascio anche un pochino trasportare da questi ritratti di paesaggi... E fra me e me penso "Che cretino.... Ritratti di paesaggi, ci mancava solo questa. Se la dici in giro diventi lo zimbello di SL".
Ma mi sono assunto il rischio e ho perseverato nella mia "analisi" tra il serio e il faceto.
Per ovvi motivi di lungaggine e di suspance non posso e non voglio descrivere uno per uno gli scatti (che nel mio immaginario rimangono ritratti) per una semplice e banale ragione, sarebbe un po' come descrivere i tratti del viso di più persone.
Ci trovo degli splendidi ed azzeccati abbinamenti.
In particolare vengo affascinato da due pose.
La prima è un tramonto/alba (purtroppo non è dato saperlo) controluce. Delle ombre si stagliano per tutta l' immagine e i colori un po' freddi del cielo e un po' caldi delle nuvole, mi suggeriscono un volto quasi stanco, teso che sembra indicare una attesa. A questo punto provo a trovare un raccordo con il titolo "Avamposto". Tutto molto più chiaro nella mia mente. Adesso ci trovo i tratti di un volto di chi aspetta un evento, una persona, un movimento, adesso trova un suo peso anche la staticità e una profondità di campo non proprio completa, non proprio esaustiva tesa ad indicare una prospettiva limitata della feritoia.
Il secondo lavoro che ha attratto la mia attenzione, fa parte della "serie" -Empire of Nod-.
Mi ispira a uno strano volto, fiero, gli alberi, con i loro rami spogli ed invernali, si protendono su di un sole caldo e alto tutto a presagire la buona stagione in arrivo, quindi, ad un addivenire di nuova fioritura; con un florido passato alla spalle, sincero di foglie verdi che presto torneranno a fare capolino.
Una cosa molto graziosa, che ho interpretato a modo mio e con un pizzico di presunzione, è lo sfondo che si è fatto primo piano. Mi spiego.
In primo piano si percepisce una forma di un manufatto, sintomo di presenza umana, ma la presenza umana sul palcoscenico della natura, è sempre un sfondo. Alla natura poco importa se noi esistiamo o meno, possiamo solo cambiarne il percorso, ma non il corso, lei dove vuole arrivare.... Arriva. Così la presenza umana si fa primo piano invertendo il ruolo che le spetta, pur sempre rimanendo uno sfondo.
Al prossimo post.
lunedì 10 maggio 2010
Lookatmy Back @ Tanalois
Surrealità dell'anima, surrealità della vita.
Questo quanto ho percepito guardando i lavori di Look, un nome e un cognome che vanno al di là del presagio.
Dal punto di vista "fotografico" e pittorico, si legge nelle opere di Lookatmy, una tensione alla rappresentazione di quanto la vita riesce a riprodurre dentro di noi, dei suoi strascichi e delle sue impressioni.
Gironzolo per l' esposizione e vedo, dentro quelle immagini, un po' di quello che può accadere all'anima di ognuno di noi durante una media giornata mista di frustrazione e gioia, partendo dall'attimo epico, del gesto atletico proteso nello sforzo del discobolo fino ad arrivare alla metafora dello scheletro di ciò che abbiamo negato e chi ci siamo negati.
Sono attimi della vita interiore che pochi sono in grado di confessare, soprattutto a sé stessi prima che agli altri.
E' incredibile il senso di comunanza che si può provare, cercando di dipingere quelle immagini sul proprio passato, sul presente che ne è scaturito, e sul futuro che forse verrà, e lo stupefacente è cercare di proiettare il proprio se negli altri tramite queste immagini. Belli i colori, precisi, onirici e assimilabili in un batter d'occhio quando si comprende la natura che collega i lavori con chi li sta guardando.
Al prossimo post.
Questo quanto ho percepito guardando i lavori di Look, un nome e un cognome che vanno al di là del presagio.
Dal punto di vista "fotografico" e pittorico, si legge nelle opere di Lookatmy, una tensione alla rappresentazione di quanto la vita riesce a riprodurre dentro di noi, dei suoi strascichi e delle sue impressioni.
Gironzolo per l' esposizione e vedo, dentro quelle immagini, un po' di quello che può accadere all'anima di ognuno di noi durante una media giornata mista di frustrazione e gioia, partendo dall'attimo epico, del gesto atletico proteso nello sforzo del discobolo fino ad arrivare alla metafora dello scheletro di ciò che abbiamo negato e chi ci siamo negati.
Sono attimi della vita interiore che pochi sono in grado di confessare, soprattutto a sé stessi prima che agli altri.
E' incredibile il senso di comunanza che si può provare, cercando di dipingere quelle immagini sul proprio passato, sul presente che ne è scaturito, e sul futuro che forse verrà, e lo stupefacente è cercare di proiettare il proprio se negli altri tramite queste immagini. Belli i colori, precisi, onirici e assimilabili in un batter d'occhio quando si comprende la natura che collega i lavori con chi li sta guardando.
Al prossimo post.
domenica 9 maggio 2010
Aloisio Congrejo @ Puuiki - Tanalois con "Solitudine"
Questa mattina mi sono svegliato presto, ma il mio destino, come al solito si è svegliato 5 minuti prima di me e in RL è un' alba livida. Quasi noncurante accendo il mio Mac mentre sento il vicino di casa che esce per andare al lavoro.
Concluse le procedure di avvio mi rendo conto che non so nemmeno perché ho acceso il computer, poi, un' idea mi salta in testa....
Spesso e volentieri queste ore mattutine (6:30 circa n.d.r.) hanno un sapore strano in rete, ci sono ancora i residui dei post e dei lavori della notte ma ancora devono manifestarsi quelli del giorno appena sorto, un limbo, una "Solitudine".
Ancora con l' aroma del caffè nel naso che stuzzica e allieta la mia testa e il suo contenuto di pensieri ancora sopiti, eseguo il log-in su SL. Bella Puuiki... Ironia della sorte in questo mondo digitale sono circa la 9 di sera.... Cosa fare ? Il nulla si impadronisce del mio avatar... Faccio quattro passi per mantenrlo in forma. Arrivo davanti a una delle gallerie e vedo la locandina (il mio vivere digitale è molto retrò e di stampo kitch) della nuova installazione di Aloisio Congrejo... "Solitudine" il nome.
Bah vale sempre la pena di vedere qualcosa di Aloisio, così mi addentro in tutta "Solitudine".
Sin dall'ingresso si viene sommersi dalla presenza di questi manichini a due dimensioni.... Strano, penso... Ero abituato al 3D... La lettura non è facile.
La prima cosa che faccio, istintivamente, è leggere la scena dal punto di vista fotografico. L' idea non è malvagia, ma un orizzonte insipido, piazzato proprio a metà dell' inquadratura, costituita dai bordi del viewer, non mi suggerisce molto. Occorre cambiare punto di vista.
Mi accendo una sigaretta, so che non dovrei farlo, ma il gusto del critico figlio di mignotta me lo impone, sigaretta alla mano spingo il mio avatar oltre la linea di ingresso e comincio a capire qualcosa.
Queste figure inclinate, dritte, appoggiate le une alle altre mi suggeriscono che non sono solo, e la cosa mi rinfranca.
I piccoli movimenti delle figure danno un senso di vitalità e di "benvenuto", ci faccio una passeggiata in mezzo. Il colore violaceo, mi lascia un po' interdetto e iniziano a non tornarmi già più i conti, come è possibile che una folla quasi opprimente abbia le tinte della solitudine... Faccio una partitella di conti e scopro che il livello di interattività è nullo, zero, li attraverso e non succede nulla, non un cambio di colore, non uno spostamento di un prim che è uno... Aloisio questa volta mi sta prendendo per i fondelli ma io non mi lascio ingannare, e proseguo nel tentativo di scoprire il segreto per poter far muovere questa massa ormai divenuta ingombrantemente statica. Nulla, tentativi vani.... Questa volta sono rimasto fregato e non ho capito nulla di cosa mi volesse comunicare il Nostro buon Congrejo, concludo il mio giretto arrivando fino alla parete davanti all' ingresso pedinato da queste figure che non mi mollano un attimo e un pensiero "stupido" mi assale, mi piacerebbe che questi individui mi lasciassero un po' in pace.... Ma ormai sono arrivato e, sinceramente non vedo l' ora di fare marcia in dietro, iniziavo ad annoiarmi non capendo nulla o quasi di ciò che stavo vedendo.
Non faccio in tempo a finire questo pensiero che, voltando l' avatar per uscire, mi rendo conto che le figure scompaiono... Eureka ! Ecco la "Solitudine" nella sua interezza... Il mancato interagire, il mancato capirsi.... Un concetto semplice "Sono circondato da qualcuno al quale non interessa nulla degli altri, non solo di me, ma di tutti. Un finto appoggiarsi agli altri, un finto esserci." Le figure hanno assorbito la mia presenza come quando si è immersi tra persone senza che questa abbiano la benché minima voglia di capirti.
L' uscita è quasi un sollievo, la coltre rossa che cela l' uscita ti accompagna nel calore della solitudine vera che c'è fuori. La solitudine vera dell'assenza e dell'aria aperta e del vuoto materiale circostante riempito in sé stessi dal proprio IO.
Al prossimo post.
Concluse le procedure di avvio mi rendo conto che non so nemmeno perché ho acceso il computer, poi, un' idea mi salta in testa....
Spesso e volentieri queste ore mattutine (6:30 circa n.d.r.) hanno un sapore strano in rete, ci sono ancora i residui dei post e dei lavori della notte ma ancora devono manifestarsi quelli del giorno appena sorto, un limbo, una "Solitudine".
Ancora con l' aroma del caffè nel naso che stuzzica e allieta la mia testa e il suo contenuto di pensieri ancora sopiti, eseguo il log-in su SL. Bella Puuiki... Ironia della sorte in questo mondo digitale sono circa la 9 di sera.... Cosa fare ? Il nulla si impadronisce del mio avatar... Faccio quattro passi per mantenrlo in forma. Arrivo davanti a una delle gallerie e vedo la locandina (il mio vivere digitale è molto retrò e di stampo kitch) della nuova installazione di Aloisio Congrejo... "Solitudine" il nome.
Bah vale sempre la pena di vedere qualcosa di Aloisio, così mi addentro in tutta "Solitudine".
Sin dall'ingresso si viene sommersi dalla presenza di questi manichini a due dimensioni.... Strano, penso... Ero abituato al 3D... La lettura non è facile.
La prima cosa che faccio, istintivamente, è leggere la scena dal punto di vista fotografico. L' idea non è malvagia, ma un orizzonte insipido, piazzato proprio a metà dell' inquadratura, costituita dai bordi del viewer, non mi suggerisce molto. Occorre cambiare punto di vista.
Mi accendo una sigaretta, so che non dovrei farlo, ma il gusto del critico figlio di mignotta me lo impone, sigaretta alla mano spingo il mio avatar oltre la linea di ingresso e comincio a capire qualcosa.
Queste figure inclinate, dritte, appoggiate le une alle altre mi suggeriscono che non sono solo, e la cosa mi rinfranca.
I piccoli movimenti delle figure danno un senso di vitalità e di "benvenuto", ci faccio una passeggiata in mezzo. Il colore violaceo, mi lascia un po' interdetto e iniziano a non tornarmi già più i conti, come è possibile che una folla quasi opprimente abbia le tinte della solitudine... Faccio una partitella di conti e scopro che il livello di interattività è nullo, zero, li attraverso e non succede nulla, non un cambio di colore, non uno spostamento di un prim che è uno... Aloisio questa volta mi sta prendendo per i fondelli ma io non mi lascio ingannare, e proseguo nel tentativo di scoprire il segreto per poter far muovere questa massa ormai divenuta ingombrantemente statica. Nulla, tentativi vani.... Questa volta sono rimasto fregato e non ho capito nulla di cosa mi volesse comunicare il Nostro buon Congrejo, concludo il mio giretto arrivando fino alla parete davanti all' ingresso pedinato da queste figure che non mi mollano un attimo e un pensiero "stupido" mi assale, mi piacerebbe che questi individui mi lasciassero un po' in pace.... Ma ormai sono arrivato e, sinceramente non vedo l' ora di fare marcia in dietro, iniziavo ad annoiarmi non capendo nulla o quasi di ciò che stavo vedendo.
Non faccio in tempo a finire questo pensiero che, voltando l' avatar per uscire, mi rendo conto che le figure scompaiono... Eureka ! Ecco la "Solitudine" nella sua interezza... Il mancato interagire, il mancato capirsi.... Un concetto semplice "Sono circondato da qualcuno al quale non interessa nulla degli altri, non solo di me, ma di tutti. Un finto appoggiarsi agli altri, un finto esserci." Le figure hanno assorbito la mia presenza come quando si è immersi tra persone senza che questa abbiano la benché minima voglia di capirti.
L' uscita è quasi un sollievo, la coltre rossa che cela l' uscita ti accompagna nel calore della solitudine vera che c'è fuori. La solitudine vera dell'assenza e dell'aria aperta e del vuoto materiale circostante riempito in sé stessi dal proprio IO.
Al prossimo post.
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