venerdì 14 maggio 2010

Qatesh Denja @ Tanalois.



Cosa c'è di peggio di una mattina livida ? Semplice... una sera livida. Un po' di nubi compatte all'orizzonte che non lasciano presagire nulla di buono sia dal punto di vista meteorologico che morale... Esattamente come l' altra mattina avvio il mio Mac che, un po' come Ronzinante, non mi sopporta più a forza di scarrozzarmi su e giù per mondi e pagine digitali. Esattamente come l' altra mattina effettuo il log-in in SL..... Domanda truce "Che fare ?"... Come al solito il destino mi ha preceduto e la fortuna vuole che durante la mia "serata un po' così" si fosse svolta l'apertura della mostra di Qatesh.
Entro con molta discrezione pur sapendo che le luci dell'inaugurazione si sono spente da un po', ma la mia indole mi impone un po' di contegno.
Non me ne voglia la fotografa Qatesh, ma ignoro deliberatamente la sua biografia e punto dritto al sodo. Ho voglia di immergermi un pochino nell'ignoranza completa. Mentre sguazzo impunemente, passeggiando nello show-room, mi lascio anche un pochino trasportare da questi ritratti di paesaggi... E fra me e me penso "Che cretino.... Ritratti di paesaggi, ci mancava solo questa. Se la dici in giro diventi lo zimbello di SL".
Ma mi sono assunto il rischio e ho perseverato nella mia "analisi" tra il serio e il faceto.
Per ovvi motivi di lungaggine e di suspance non posso e non voglio descrivere uno per uno gli scatti (che nel mio immaginario rimangono ritratti) per una semplice e banale ragione, sarebbe un po' come descrivere i tratti del viso di più persone.
Ci trovo degli splendidi ed azzeccati abbinamenti.
In particolare vengo affascinato da due pose.
La prima è un tramonto/alba (purtroppo non è dato saperlo) controluce. Delle ombre si stagliano per tutta l' immagine e i colori un po' freddi del cielo e un po' caldi delle nuvole, mi suggeriscono un volto quasi stanco, teso che sembra indicare una attesa. A questo punto provo a trovare un raccordo con il titolo "Avamposto". Tutto molto più chiaro nella mia mente. Adesso ci trovo i tratti di un volto di chi aspetta un evento, una persona, un movimento, adesso trova un suo peso anche la staticità e una profondità di campo non proprio completa, non proprio esaustiva tesa ad indicare una prospettiva limitata della feritoia.
Il secondo lavoro che ha attratto la mia attenzione, fa parte della "serie" -Empire of Nod-.
Mi ispira a uno strano volto, fiero, gli alberi, con i loro rami spogli ed invernali, si protendono su di un sole caldo e alto tutto a presagire la buona stagione in arrivo, quindi, ad un addivenire di nuova fioritura; con un florido passato alla spalle, sincero di foglie verdi che presto torneranno a fare capolino.
Una cosa molto graziosa, che ho interpretato a modo mio e con un pizzico di presunzione, è lo sfondo che si è fatto primo piano. Mi spiego.
In primo piano si percepisce una forma di un manufatto, sintomo di presenza umana, ma la presenza umana sul palcoscenico della natura, è sempre un sfondo. Alla natura poco importa se noi esistiamo o meno, possiamo solo cambiarne il percorso, ma non il corso, lei dove vuole arrivare.... Arriva. Così la presenza umana si fa primo piano invertendo il ruolo che le spetta, pur sempre rimanendo uno sfondo.



Al prossimo post.

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